BAKXAI
Tebe.
Dioniso, figlio di Zeus e Semele, torna nella terra della madre, ormai morta, per punire Penteo, nuovo sovrano della città che si rifiuta di riconoscerlo come Dio ed onorarlo. Le donne di Tebe, tra cui Agave, madre di Penteo e sorella di Semele, iniziate al culto del Dio, insieme alle Baccanti, seguaci di Dioniso, renderanno giustizia. Penteo, caduto nella trappola di Dioniso, andrà, travestito da donna, dalle Baccanti, sul monte Citerone, e qui nel delirio bacchico, scambiato per un leone, sarà sgozzato dalle mani di sua madre e smembrato dalle altre donne. Con lui morirà l’ordine costituito.
“E’ finito il tempo di stare acquattate per la paura” gridano le Baccanti ncalzate da Dioniso.
Abbandonati i telai, lontane dalle spole, lasciati pettini e prole le donne aprono così la via al nuovo cercando di dare voce alla libertà di essere ciò che si è. In scena la potenza del femminile capace di ripensarsi arrivando ad “uccidere ogni residuo di materno sentire”
per poter festeggiare le tante e diverse possibilità di essere.
Il cambiamento che con forza, gentilezza e coraggio può modificarel’ordine delle cose deve avvenire all’interno di ogni donna
ed è per questo che Dioniso viene interpretato da una donna,
è una di loro. Gli occhi che possono imparare prima e insegnare poi a vedere diversamente il femminile sono proprio quelli delle donne, chiamate a lasciare l’Eden per una nuvola color libertà.
In un tempo senza tempo, tutto è già successo e tutto deve ancora accadere e ancora si ripeterà in un ciclo senza fine.
Penteo smembrato dalle mani delle Baccanti è l’inizio del racconto e piano piano, corpo dopo corpo, la tragedia procededestinata a non risolversi ma a durare ancora e ancora.
“Venite, venite ancora Baccanti“ invoca alla fine Dioniso consapevole che la vittoria ottenuta è poca cosa di fronte agli innumerevoli soprusi, alle discordie che nuovamente nasceranno macchiando di sangue le mani degli uomini e ancora solo le mani di una donna, quelle della madre, potranno tagliare la testa del leone. Il femminile, rivelatosi in Dioniso, sarà di nuovo invocato per mutare l’ordine delle cose…
Evoè Evoè.
La drammaturgia di Euripide viene completamente ‘smembrata’ e si fa cronologicamente irrispettosa per enfatizzare il riscatto della donna.
Questa è l’unica figura presente in scena e si occupa di ricoprire tutti i ruoli, in una perfetta antitesi contemporanea con il teatro greco.
Il classico nella sua sofferente seppur potente trama riesce a rimanere universale e applicabile al tempo odierno.
Nella struttura della composizione, parola e movimento si intersecano in ritmo sincopato risvegliando il lato fortemente emotivo della storia
Regia
Monica Donati
Aiuto Regia
Francesca Lombardo
In scena
Eleonora Addati
Silvia Addati
Eleonora Bernardi
Eleonora Boccadoro
Chiara Lombardo,
Michela Maccarini
Marzia Meddi
Deborah Rapagnani
Valentina Rinaldi
Letizia Virgili